Il filosofo di campagna, libretto, Barcellona, Generas, 1770

 Ma perché se n’andò?
 NARDO
                                           Perché bel bello
 amor col suo martello
 il cor le inteneriva
 e ne aveva rossore.
 DONNA ALCEA
                                     E viva, e viva.
425Eugenia, dove sei? Facciamo presto;
 concludiamo l’affar.
 NARDO
                                       Per me son lesto.
 DONNA ALCEA
 Chi è quella?
 NARDO
                           È mia nipote.
 
 SCENA XII
 
 LA LENA e detti, poi LESBINA
 
 NARDO
 Che volete voi qui?
 LA LENA
                                      Con sua licenza,
 alla sposa vorrei far riverenza.
 DONNA ALCEA
430Ora la chiamerò.
 NARDO
 Concludiamo le nozze.
 DONNA ALCEA
                                           Io presto fo. (Parte)
 LA LENA
 Signor zio, com’è bella?
 NARDO
 La vedrai. È una stella.
 LA LENA
 È galante e graziosa?
 NARDO
435È galante, è gentile ed è amorosa.
 LA LENA
 Vi vorrà ben?
 NARDO
                            Si vede
 da un certo non so che
 che l’ha la madre sua fatta per me.
 Appena ci siam visti,
440un incognito amor di simpatia
 ha messo i nostri cuori in allegria.
 
    Son pien di giubilo,
 ridente ho l’animo,
 nel sen mi palpita
445brillante il cor.
 
 LA LENA
 
    Il vostro giubilo
 nelle mie viscere
 risveglia ed agita
 novello ardor.
 
 LESBINA
 
450   Sposino amabile, (Esce da una camera)
 per voi son misera;
 mi sento mordere
 dal dio d’amor.
 
 NARDO
 
    Vieni al mio seno,
455sposina mia.
 
 LA LENA
 
 Signora zia,
 a voi m’inchino.
 
 A TRE
 
 Dolce destino,
 felice amor!
 
 LESBINA
 
460   Parto, parto; oh che terrore.
 
 NARDO
 
 Perché parti?
 
 LESBINA
 
                            Il mio rossore
 non mi lascia restar qui. (Entra nella camera di dove è venuta)
 
 NARDO
 
    Vergognosetta
 la poveretta
465se ne fuggì.
 
 LA LENA
 
    Se fossi in lei,
 non fuggirei
 chi mi ferì.
 
 DONNA ALCEA
 
    La ricerco e non la trovo.
470Oh che smania in sen io provo!
 Dove, diavolo, sarà?
 
 NARDO, LA LENA
 
 Ah ah ah. (Ridono)
 
 DONNA ALCEA
 
    L’ho cercata su e giù;
 l’ho cercata qua e là.
 
 NARDO, LA LENA
 
475Ah ah ah. (Ridono)
 
 DONNA ALCEA
 
 Voi ridete? Come va?
 
 NARDO
 
 Fin adesso è stata qua.
 
 DONNA ALCEA
 
 Dov’è andata?
 
 LA LENA
 
                             È andata là. (Accena ov’è entrata)
 
 DONNA ALCEA
 
 Quando è là, la troverò.
480E con me la condurrò. (Entra in quella camera)
 
 NARDO
 
    Superar la genitrice
 potrà ben il suo rossor.
 
 LA LENA
 
 Non è tanto vergognoso
 il suo core collo sposo.
 
 A DUE
 
485Si confonde nel suo petto
 il rispetto col amor.
 
 LESBINA
 
    Presto, presto, sposo bello,
 via porgetemi l’anello,
 che la sposa allor sarò.
 
 LA LENA
 
490Questa cosa far si può.
 
 NARDO
 
 Ecco, ecco, ve lo do. (Le dà un anello)
 
 LESBINA
 
    Vien la madre, vado via.
 
 NARDO
 
 Ma perché tal ritrosia?
 
 LESBINA
 
 Il motivo non lo so.
 
 LA LENA
 
495Dallo sposo non fuggire.
 
 LESBINA
 
 Compatite, tornerò. (Torna nella camera di prima)
 
 NARDO, LA LENA
 
    Caso raro e caso bello!
 Una sposa coll’anello
 ha rossor del genitor.
 
 DONNA ALCEA
 
500   Non la trovo.
 
 NARDO, LA LENA
 
                              Ah ah ah. (Ridendo)
 
 DONNA ALCEA
 
 Voi ridete?
 
 NARDO, LA LENA
 
                        È stata qua.
 
 LA LENA
 
 Collo sposo ha favellato.
 
 NARDO
 
 E l’anello già le ha dato.
 
 DONNA ALCEA
 
 Alla figlia?
 
 NARDO, LA LENA
 
                       Signorsì.
 
 DONNA ALCEA
 
505Alla sposa?
 
 NARDO, LA LENA
 
                        Messersì.
 
 DONNA ALCEA
 
    Quel ch’è fatto fatto sia.
 
 A TRE
 
 Stiamo dunque in allegria,
 che la sposa vergognosa,
 alla fin si cangierà;
510e l’amore nel suo core
 con piacer trionferà.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di donna Alcea.
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 LESBINA
 Venite qui; signora padroncina,
 tenete questo anello;
 ponetevelo in dito.
515Fate che vostra madre ve lo veda;
 lasciate che la sposa egli vi creda.
 EUGENIA
 Tu m’imbrogli Lesbina e non vorrei...
 LESBINA
 Se de’ consigli miei
 vi volete servir, per voi qui sono;
520quando no, vel protesto, io v’abbandono.
 EUGENIA
 Deh non mi abbandonare, ordina, imponi;
 senza cercar ragioni
 lo farò ciecamente;
 ti sarò, non temer, obbediente.
 LESBINA
525Quest’anello tenete,
 quel che seguì sapete;
 e quel che seguirà
 regola in avvenir ci porgerà.
 EUGENIA
 Ecco mia madre.
 LESBINA
                                  Presto;
530ponetevelo al dito.
 EUGENIA
 Una sposa son io senza marito. (Si mette l’anello)
 
 SCENA II
 
 DONNA ALCEA e dette
 
 DONNA ALCEA
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
 Corro, ti cerco e chiamo;
 mi fuggi e non rispondi?
535Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
 Perdonate, signora...
 LESBINA
                                        La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DONNA ALCEA
                                           Oh bella affé,
 si vergogna di me, poi collo sposo
 il suo cuore non è più vergognoso.
 LESBINA
540Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
 cotali meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
 ch’ardono in sen d’amore,
 la modestia affettar con la sua madre.
 DONNA ALCEA
545Basta, veniamo al fatto. È ver che avesti
 dallo sposo l’anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Sì signora.
 DONNA ALCEA
 Parlo teco. Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                         Eccolo qui. (Mostra l’anello a donna Alcea)
 DONNA ALCEA
 Capperi! È bello assai.
 Non mi credevo mai,
550che Nardo avesse di tai gioie in dito.
 Vedi se t’ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mi fosse!) (Da sé)
 DONNA ALCEA
                                                        Oh via
 codesta ritrosia scaccia dal petto;
 queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
555Amabile sposina
 mostrate la bocchina un po’ ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente). (Da sé)
 DONNA ALCEA
 È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
 (Ehi, badate non far qualche pazzia). (Piano a Eugenia e parte)
 
 SCENA III
 
 DONNA ALCEA, EUGENIA, poi LESBINA che torna
 
 EUGENIA
560(È molto s’io resisto). (Da sé)
 DONNA ALCEA
 Affé non ho mai visto
 una donna di te più scimunita,
 figlia che si marita
 suol esser lieta, al suo gioir condotta,
565e tu stai qui che pari una marmotta?
 EUGENIA
 Che volete ch’io dica?
 DONNA ALCEA
                                          Parla, taci,
 no me n’importa più,
 sposati e in avvenir pensaci tu.
 LESBINA
 Signora è un cavaliero
570col notar della villa in compagnia
 che brama riverir vossignoria.
 DONNA ALCEA
 Vengano. (Col notaro? (Da sé)
 Qualchedun che bisogno ha di denaro).
 LESBINA
 È Rinaldo, padrona. Io vi consiglio
575d’evitar il periglio. (Piano ad Eugenia)
 EUGENIA
                                      (Andiam Lesbina). (A Lesbina)
 Con licenza. (S’inchina a donna Alcea)
 DONNA ALCEA
                          Va’ pure.
 EUGENIA
                                             (Ah me meschina!) (Da sé e parte con Lesbina)
 
 SCENA IV
 
 DONNA ALCEA, poi RINALDO e CAPOCHIO notaro
 
 DONNA ALCEA
 Se denaro vorrà, ghe ne darò,
 purché sicuro sia con fondamento
 e che almeno mi paghi il sei per cento.
580Ma che vedo? È colui
 che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?
 Col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
 Compatite signora...
 DONNA ALCEA
                                        La riverisco.
 RINALDO
 Compatite se ardisco
585replicarvi l’incommodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
 di me vi mostrerà
590titolo, parentele e facoltà.
 DONNA ALCEA
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signora,
 l’instrumento rogato
 d’un ricco marchesato.
 Ecco l’albero suo, da cui si vede,
595che per retto camino
 vien l’origine sua dal re Pipino.
 DONNA ALCEA
 Oh caperi! Che vedo?
 Questa è una cosa bella in verità.
 Ma della nobiltà, signor mio caro,
600come andiamo dal par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Questi sono istrumenti
 di comprede, di censi, di livelli,
605questi sono contratti buoni e belli. (Monstrando alcuni fogli a guisa d’istrumenti antichi)
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
 nel Cinquecento
 quattro valloni.
610Anno millesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
 una contea
 emit etcaetera.
 
615   Case e casoni,
 giurisdizioni,
 frutti annuali,
 censi e cambiali,
 sic etcaetera
620cum etcaetera.
 
 SCENA V
 
 DONNA ALCEA e RINALDO
 
 DONNA ALCEA
 La riverisco etcaetera.
 Vada signor notaro a farsi etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
 a prender altri fogli, altri capitoli,
625per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DONNA ALCEA
 Sì sì, la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu.
 Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
 Dunque di vostra figlia
630mi credete voi degno?
 DONNA ALCEA
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 DONNA ALCEA
                                     Obbligatissima.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 DONNA ALCEA
                                      Per verità
 v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 DONNA ALCEA
 Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 DONNA ALCEA
                                                La figliuola...
 RINALDO
635D’Eugenia non pavento.
 DONNA ALCEA
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 DONNA ALCEA
 Chiamerò la figliuola.
 S’ella non fosse in caso,
640del mio buon cor sarete persuaso.
 RINALDO
 Sì, chiamatela pur, contento io sono;
 se da lei son escluso, io vi perdono...
 DONNA ALCEA
 Bravo. Un uom di ragion si loda e stima;
 s’ella non puole, amici come prima.
 
645   Io son di tutti amica,
 son vostra serva ancor.
 Donna ch’è di buon cor
 conoscerete in me.
 
    La chiamo subito;
650verrà ma dubito;
 sconvolta trovasi
 da un non so che;
 
    farò il possibile
 per vostro merito.
655Che per i titoli,
 per i capitoli
 anche in preterito
 famoso egli è.
 
 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DONNA ALCEA ed EUGENIA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
660di sua man, del suo cor certo son io.
 Eccola che ritorna,
 la genitrice è allato;
 della gioia vicino è il dì beato.
 DONNA ALCEA
 Eccola qui; vedete se son io
665donna d’onore.
 RINALDO
                               Ognor tal vi credei,
 benché foste nemica ai desiri miei.
 DONNA ALCEA
 Eugenia, quel signore
 ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?
 EUGENIA
 Tra le donne felici
670la più lieta sarò, madre amorosa,
 se a Rinaldo, che adoro, sarò sposa.
 DONNA ALCEA
 Brava, figliuola mia,
 il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
 L’udiste? Ah non tardate (A donna Alcea)
675entrambi a consolare.
 DONNA ALCEA
                                          Eppur pavento...
 RINALDO
 Ogni timor è vano.
 In faccia al genitrice mi dia la mano...
 DONNA ALCEA
 La mano? In verità
 s’ha da far; s’ha da far... se si potrà.
680Dammi la destra tua. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                           Eccola. (Donna Alcea le prende la mano)
 DONNA ALCEA
                                                          A voi. (Chiede la mano a Rinaldo)
 Prendetela... bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
 Ora che mi ricordo,
 Nardo con quell’anello la sposò;
685e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come!
 DONNA ALCEA
                Non così?
 EUGENIA
                                    Sposa non sono.
 DONNA ALCEA
 Ma se l’anello in dono
 prendesti già delle tue nozze in segno,
 non si può, figlia mia, scioglier l’impegno.
690Voi che dite, signor? (A Rinaldo)
 RINALDO
                                         Dico che tutti
 perfidi m’ingannate,
 che di me vi burlate, e che son io
 bersaglio del destin barbaro e rio.
 DONNA ALCEA
 La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso);
695udite; ah svelar deggio
 l’arcano onde ingannato...
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
 Padrona mia, voi siete domandata. (A donna Alcea)
 EUGENIA
 (Ci mancava costei).
 DONNA ALCEA
                                        Chi è che mi vuole? (A Lesbina)
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 DONNA ALCEA
700Sente, signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia,
 onde vossignoria,
 s’altra cosa non ha da commandare,
 per cortesia, se ne potrebbe andare.
 RINALDO
705Sì sì me n’andrò ma giuro ai numi,
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!)
 Rinaldo, questo cor...
 RINALDO
                                         Taci infedele.
 
    Tu me da me dividi
 barbara! Tu m’occidi,
710tutto il dolor ch’io sento,
 tutto mi vien da te,
 
    no non sperar mai pace,
 odio quel cor fallace,
 ogetto di spavento
715sempre sarai per me.
 
 SCENA VIII
 
 EUGENIA, DONNA ALCEA e LESBINA
 
 LESBINA
 (Obligata davver del complimento). (Da sé)
 DONNA ALCEA
 (Ho un tantin di paura). (Da sé)
 EUGENIA
                                                (Ahi che tormento!) (Da sé)
 DONNA ALCEA
 Orsù, signora pazza,
 ho capito il rossor che cosa sia.
720Quel che voglia colui vado a sentire;
 poi la discorrerem. S’ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
 Signora sì, dite bene. (A donna Alcea)
 DONNA ALCEA
                                           E tu, fraschetta, (A Lesbina)
 tu alletasti dell’amante il foco?
 Vado e ritorno; parlerem fra poco.
 
 SCENA IX
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
725Ah Lesbina crudele!
 Solo per tua cagion sono in periglio.
 LESBINA
 Loderete nel fine il mio consiglio.
 Questa cosa sinor mi pare un gioco;
 non mi perdo, davver, per così poco.
 EUGENIA
730Prenditi quest’anello.
 LESBINA
 Eh no signora mia.
 EUGENIA
 Prendilo o giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
735Quest’anello omicida
 dinanzi agl’occhi miei soffrir non vuo’.
 LESBINA
 Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito.
 Che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
740Ah tu sei la cagion delle mie pene.
 
 SCENA X
 
 DONNA ALCEA e detti
 
 DONNA ALCEA
 Oh genero garbato!
 Alla sposa ha mandato (Mostra un gioiello)
 questo ricco gioiello.
 Prendilo, Eugenia mia; guarda s’è bello.
 EUGENIA
745Non lo curo, signore...
 DONNA ALCEA
                                          Ed io comando,
 che tu prender lo debba; il ricusarlo
 sarebbe una insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prenderò per obbedienza. (Prende il gioiello)
 Ma... vi chiedo perdono,
750non mi piace, nol voglio, a te lo dono. (Lo dà a Lesbina)
 LESBINA
 Grazie. (Lo prende)
 DONNA ALCEA
                  Rendilo a me. (A Lesbina)
 LESBINA
                                              Padrona mia,
 sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
 è meco generosa,
755lo fa perché di Nardo esser vuol sposa). (Piano a donna Alcea)
 DONNA ALCEA
 (Lo crederò?) (A Lesbina)
 EUGENIA
                             È vero.
 DONNA ALCEA
 E tu che dici? (A Lesbina)
 LESBINA
                             Io dico
 che se il destino amico
 seconderà il disegno,
760le gioie accetterà, come l’impegno.
 
    Noi altre femmine
 siam fatte a posta
 per far degli uomini
 crepare il cor.
 
765   Se ci patiscono
 noi faciam peggio,
 se si disperano
 godiamo allor,
 
    se ci rispondono
770noi siamo l’ultime
 e se ci amazano
 parliamo ancor.
 
 SCENA XI
 
 EUGENIA e DONNA ALCEA
 
 DONNA ALCEA
 Piangi? Sospiri? E non rispondi nulla?
 Son stanca di soffrirti.
775Oggi darai la man. S’ha da finire.
 Se sei pazza, non vuo’ teco impazzire. (Parte)
 EUGENIA
 Pazza a ragion mi chiama
 la madre mia crudele,
 se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
780ho tradito l’affetto,
 per celar follemente in sen l’arcano,
 ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
    Se cercando in ogni parte
 ritrovai il caro bene
785a me ancor più non conviene
 sempre incerta sospirar.
 
 SCENA XII
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il chittarino e cantando, e poi RINALDO
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò.
 Io mi accompagnerò
790in pace e sanità.
 Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare, signor no;
 soffrir, gridare, oibò.
 
795   Voglio cantare;
 voglio suonare;
 voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
 Galantomo, siete voi
800quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi; è ver che voi
 aveste la parola
 da donna Alcea per la sua figliuola?
 NARDO
805Sì signore, l’ho avuta;
 mi piace il viso bello
 e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
810Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagatelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono. Si può sapere
815almen per cortesia
 perché vossignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di donna Alcea
820amo anch’io la figliuola.
 Perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me suo sposo,
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite da ver?
 RINALDO
                          Non mentono i miei pari...
 NARDO
825E i pari miei non sanno
 per pontiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure;
 se mi burla, mi sprezza, io non ci penso,
 so anch’io colla ragion vincere il senso.
830Vi ringrazio d’avermi
 avisato per tempo;
 ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete
835giustamente dal popolo stimato,
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A donna Alcea
 la cosa narrerò tutta com’è;
840e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO e poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
845Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia;
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata.
850M’avete regalata.
 Anch’io, quando potrò,
 qualche cosetta vi ragalerò.
 NARDO
 No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
855Quand’ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
860e a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro; e chi è codesto
 con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
865giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’inganna.
 Vostra sono, il sarò, ve l’assicuro.
 A tutti numi il giuro;
870non ho ad alcuno l’amor mio promesso;
 son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
 tutt’amor, tutto foco,
 sostenne il cavaliero
875che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace, infedel non vuo’ la taccia,
 lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
 Qualch’error vi sarà, ve lo protesto,
 tenero cuore onesto
880per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
 ma ho cervello che basta e so ben io
885che divider amor non può il cor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
 anche un re lascierei colla corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo
890ma voi siete pentito
 d’esser mio marito;
 qualch’altra donna amate
 e per questo mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no carina mia,
895siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato...
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì v’amo di core.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LA LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
900Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’esser vostra sposa non è digna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LA LENA
                                      Eh signor no.
905Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di la padrona è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
910amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma voglio esser vostra o pur morire.
 NARDO
915(Poverina!)
 LA LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 ad un uomo come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
920serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico
925e do la mia raggione
 che sia la condizione un accidente;
 sposar una servente
 che cosa importa a me s’è bella o bona;
 peggio è assai se cattiva è una padrona.
 
930   Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donne il miglior mobile
 la civiltà non è.
 Il primo è l’onestà,
935secondo è la beltà,
 il terzo è la creanza,
 il quarto è l’abbondanza,
 il quinto è la virtù
 ma non si usa più;
 
940   servetta graziosa
 sarai la mia sposa
 sarai la vezzosa
 padrona di me.
 
 SCENA XV